18 Febbraio 2025
  • 59

La violenza non è solo un pugno, un livido sulla pelle o un’aggressione in un vicolo buio. È anche una parola, un ricatto emotivo, una richiesta insistente che, pur non lasciando segni visibili, scava dentro e lascia ferite profonde. È la coercizione digitale, il controllo sottile che si insinua attraverso uno schermo, la pressione psicologica che trasforma un semplice messaggio in un’arma. La recente giurisprudenza ha fatto un passo importante riconoscendo che la richiesta insistente di foto intime non è solo un ricatto o un’estorsione, ma una vera e propria forma di violenza sessuale. Questo è il segnale di un cambiamento culturale che deve essere consolidato: la violenza psicologica e digitale esiste ed è devastante quanto quella fisica.

Questa consapevolezza è cruciale anche in altri ambiti, come quello sanitario, dove gli operatori non subiscono solo aggressioni fisiche, ma anche minacce, insulti, svalutazioni quotidiane che si trasformano in un peso insostenibile. Il pregiudizio di genere è radicato nelle corsie degli ospedali: uomini chiamati “dottori”, donne relegate al generico “signorina”, indipendentemente dal loro ruolo. È un dettaglio? No, è l’emblema di una cultura che sminuisce, che non riconosce il valore, che crea ambienti di lavoro ostili e insicuri. E la sicurezza sul lavoro non è solo una questione di normative, ma di cultura, di rispetto, di protezione.

La legge impone valutazioni dei rischi, ma troppo spesso queste restano sulla carta, adempimenti formali senza un impatto reale. Serve un cambio di paradigma: non basta compilare moduli, bisogna intervenire alla radice, formare, sensibilizzare, creare ambienti in cui il rispetto non sia un’eccezione ma la norma. I dati sono chiari: quasi un lavoratore su quattro ha subito violenze o molestie. Eppure, le misure adottate sono ancora insufficienti, relegate a protocolli che raramente vengono applicati con efficacia. Per combattere davvero queste dinamiche tossiche serve un’azione concreta, che vada oltre le parole.

L’unica arma efficace contro questa realtà è la formazione. Una formazione che non sia solo tecnica, ma che costruisca consapevolezza, che insegni a riconoscere la violenza prima che esploda, che dia strumenti pratici per gestire le situazioni di rischio. Integrare corsi di autodifesa nei percorsi aziendali, educare alla prevenzione, alla gestione delle aggressioni, alla tutela della propria sicurezza: è questa la strada da percorrere per garantire un ambiente più sicuro e dignitoso per tutti.

Per troppo tempo si è pensato che la violenza fosse solo quella fisica, tangibile, visibile. Oggi sappiamo che esistono forme più sottili, ma non per questo meno pericolose. Riconoscerle è il primo passo, combatterle è il dovere di tutti. Non possiamo permettere che la paura, l’indifferenza o la rassegnazione continuino a essere il prezzo da pagare per lavorare, per vivere, per essere semplicemente se stessi. Il cambiamento non è un’opzione: è l’unica strada percorribile.

Non perderti nessuna novità
Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter

Con l'invio del presente modulo dichiaro di aver letto l'Informativa sulla Privacy riportata in calce e acconsento al trattamento dei dati personali da parte dell’A.S.D. Fight for your life, ai sensi dell’art. 13 D.lgs. n.196/2003 e art. 13 GDPR 2016/679