Prendendo spunto da queste stupende immagini (pubblicate su altro social a cura di Adamo Romano / Maledizioni) che come un mini disegnoanimato ci riassumono la triste realtà.
La notizia della liberazione di Ahoo Daryaei solleva più interrogativi che certezze, mettendo in luce una pratica inquietante del regime iraniano. Dichiarare la giovane “malata mentale” e riaffidarla alla famiglia senza alcuna accusa formale sembra un tentativo di delegittimare la sua protesta e soffocare il dissenso.
Questa strategia non è nuova, né in Iran né in altri regimi autoritari. Etichettare i dissidenti come “mentalmente instabili” è una tattica consolidata per screditare le voci critiche e giustificare detenzioni arbitrarie. Nel caso di Daryaei, questa mossa potrebbe essere interpretata come una forma di controllo sociale, mascherata da atto di clemenza.
La sua “liberazione” solleva dubbi sulla sua reale libertà e sicurezza: essere affidata alla famiglia potrebbe equivalere a una sorta di arresto domiciliare de facto, con la costante minaccia di ulteriori interventi da parte delle autorità. Inoltre, lo stigma della malattia mentale in una società conservatrice come quella iraniana potrebbe avere conseguenze devastanti sulla sua vita futura.
La condizione delle donne in Iran è particolarmente drammatica, segnata da repressione e violazioni sistematiche dei diritti umani. Dopo la tragica morte di Mahsa Amini, il movimento “Donne, Vita, Libertà” ha acceso nuove speranze di cambiamento. Tuttavia, le autorità iraniane hanno risposto intensificando la violenza e le restrizioni, come dimostrato dalla recente legge sull’hijab obbligatorio.
Situazioni simili si riscontrano anche in Afghanistan, dove sotto il regime talebano le donne vivono una condizione di oppressione totale. Le lotte coraggiose delle donne in questi Paesi dovrebbero ispirare movimenti globali per i diritti delle donne; tuttavia, il prezzo da pagare è spesso altissimo e comporta rischi gravissimi per la vita.
In questo contesto, la solidarietà internazionale è cruciale per sostenere queste battaglie e mantenere viva l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani.