Nei corsi di #difesapersonale, si diffonde un mantra: nessuno ha il diritto di avvicinarsi o toccare senza autorizzazione. Tuttavia, quando la violenza si manifesta, la vittima spesso si sente in colpa. Questa percezione deve cambiare.
La verità è che la vittima non ha colpe. È cruciale smantellare il mito della colpevolizzazione, riconoscendo che la responsabilità è interamente dell’aggressore. La violenza non è mai giustificata, e nessuna azione o abbigliamento giustifica un attacco.
Colpevolizzare la vittima non solo è sbagliato, ma può anche perpetuare un ciclo pericoloso. Le vittime possono ritrovarsi intrappolate nella vergogna e nel silenzio, impedendo loro di cercare aiuto e supporto.
Invece, dobbiamo creare ambienti sicuri e solidali dove le vittime possano sentirsi libere di parlare senza timore di giudizio. È essenziale promuovere la consapevolezza e l’empatia, educando sulle dinamiche della violenza e sulla necessità di sostegno e comprensione.
Rompere il silenzio significa rompere anche il ciclo di colpevolizzazione. È solo allora che possiamo veramente combattere la violenza, proteggere le vittime e costruire comunità più sicure e inclusive.